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lunedì 13 aprile 2009

Dire fare barattare: parole di casa nostra...


E’ strano quello che accade quando ti focalizzi su qualcosa, spuntano fuori da ogni parte,inaspettatamente, segni, risposte,incontri…
Rispetto al baratto ed al nostro modo particolare di intenderlo che lo rende sinonimo di dono, vogliamo proporvi poche parole appena scoperte su Zerorelativo, attribuite a Walter Chiari.
In un incontro di lavoro,infatti, gli fu proposto di condurre una trasmissione sul baratto ed il bravo attore fu in grado di intuire subito il significato e le potenzialità meno ovvie del barattare.
“…sarà bello anche scambiare la lettura di una poesia con il sorriso di un anziano solo, oppure una carezza con un fiore , oppure saper ascoltare anche chi non ha niente da dire donandogli un po’ del nostro tempo…”.
In queste parole dono e baratto si uniscono, che bello che per una volta vengano da qualcuno di casa nostra! Dei biscotti in cambio di sorrisi, dei disegni per degli abbracci, la nostra gioia per la vostra felicità!
Useremo le sue parole per la nostra Festa del Dono, sperando che siano di ispirazione per molti…

giovedì 26 febbraio 2009

Pensieri sparsi: Ubuntu!!!



Ubuntu, potrebbe sembrare ma non è una parola sarda! Noi non la conoscevamo (anche se dovrebbe essere piuttosto famosa, in quanto alla base del processo di riconciliazione del Sud Africa).
Ubuntu è un aspetto fondamentale della visione africana del mondo, riguarda l’essenza più intima dell’essere umano. Difficilmente traducibile in una lingua occidentale ci viene spiegata così: “La mia umanità è inestricabilmente collegata, esiste di pari passo con la tua. Io sono umano perché appartengo, partecipo, condivido. Esiste alla base di Ubuntu la credenza in un legame universale di scambio che unisce l’intera umanità”.
Che bella visione!
Se volete approfondire, potete vedere il bel film “In my Country” che parla della commissione di Verità e Riconciliazione, con Samuel L. Jackson e Juliette Binoche, preparate i fazzoletti però…

domenica 15 febbraio 2009

Pensieri sparsi: ritrovare il pescatore messicano che c'è in noi


Circola sulla rete questa storiella:

"Un giorno in un Puerto Escondido qualsiasi, in un certo punto della costa del Messico, sbarca dal suo Yacht un giovane americano.

Il giovane viene accolto dalla piccola comunità di pescatori ed impiega poche ore per entrare in confidenza con uno di questi; così comincia a fare qualche domanda.

“O pescatore”, chiede l’americano, “quanto hai pescato stamattina?”

“Mah… poco”, gli risponde il messicano, “giusto quello che serviva alla mia famiglia, più quello che hai mangiato tu, ma il tuo è praticamente saltato sulla barca da sé.”

“E perché non hai pescato di più?”, insiste il giovane.

“Ehm… non mi serviva di più”, risponde un po’ stupito il pescatore.

“E quando non peschi, nel tempo libero, che fai?”

“Beh… faccio la siesta, gioco coi bambini, sto con mia moglie, poi la sera noi pescatori ci troviamo tutti là, al bar sulla spiaggia, l’unico che c’è, sai, per qualche birra…”

“Senti pescatore, io sono laureato ad Harvard e ci ho il Master in Business Administration… questo vuol dire che ho delle ottime idee per te e per il tuo futuro!”

“Ah…” risponde il pescatore un pelo insospettito, “e che idee sarebbero?”

“Niente guarda, te devi occupare un po’ del tuo tempo libero per pescare un po’ di più, poi il pesce che ti rimane lo vendi ai ristoranti, oppure ad un’azienda che poi lo lavora…”

“Eh…”, dice il messicano con sguardo stranito, “poi?”

“…poi coi soldi che guadagni dal pesce venduto ti ci compri altre barche per pescare ancora più pesce da rivendere e fare ancora più soldi…”, prosegue il giovane businessman, “…con ancora più soldi magari ti apri un tuo stabilimento per trattare ed esportare il pesce che peschi e lo fai arrivare sulle tavole di tutto il mondo, bello no?”

“Come no”, risponde il pescatore, “ma tutta una roba così grande…, quei soldi…, qui nel paesino, che me ne faccio?”

“Ma no, pescatore” lo incalza il dollarista, “ovviamente ti devi trasferire a Città del Messico o a New York, creare una società, assumere amministratori, mantenere le relazioni coi clienti poi, quando ti sarai espanso abbastanza, potrai quotare l’azienda in borsa, vendere le azioni e ragranellare milioni di dollari…”

“Pensa”, continua il manager ormai in estasi finanziaria, “tra venticinque o trent’anni potresti essere il presidente di una grande holding, vendere pesce in tutto il mondo, comprarti ville, auto, terreni.”

“Eh… bello… poi?”, chiede il pescatore divertito da tal delirio.

“Poi arriverai alla pensione talmente ricco che potrai acquistarti una casa in riva al mare e finalmente passare il tempo con tua moglie o a giocare coi tuoi nipoti, riposarti, dormire ed uscire con gli amici.”

La trovo divertente, semplice e illuminante! Eppure non è quello che molti di noi fanno tutti i giorni? Rimandare alla pensione quello che è già a nostra disposizione, qui e ora. La critica più diffusa è: "Oggi non far niente possono permetterselo solo i figli di papà...", dimenticando che il pescatore messicano non è che non faccia niente, anzi, lui pesca per se e per la propria famiglia e pure per qualche strampalato turista... Semplicemente non fa più del necessario, non mette il lavoro in quanto tale su un piedistallo, su un posto più alto rispetto al giocare con i propri figli, al passare il tempo con la moglie, a rilassarsi, a intessere relazioni sociali...
Non vive per il lavoro e, d'altra parte, il lavorare poco non gli impedisce di vivere. E di vivere da essere umano.

venerdì 9 gennaio 2009

Pensieri sparsi: Heidemarie Schwermer , vivere senza denaro


Nel 1996 Heidemarie Schwermer decide di cambiare radicalmente modo di vivere: regala i suoi mobili, abbandona l'abitazione e lo studio, e disdice l'assicurazione sanitaria, per sperimentare una vita senza denaro, basata sull’ospitalità, lo scambio e la reciprocità.
"Non avere niente ma essere molto": con questo motto Heidemarie sottopone a un esame critico quelli che sono i valori correnti della società del consumo.
Dopo 11 anni senza soldi, afferma di essere addirittura più ricca di prima. Concetti come lavoro, tempo libero e vacanze acquistano un significato completamente nuovo e la vita trova una nuova integrità. La sua esperienza non avanza la pretesa di essere un modello da imitare ma, in una società profondamente mercificata, rappresenta un importante modo di Vivere su cui riflettere, l'auspicio di una progressiva diminuzione della dipendenza che l'uomo ha nei confronti del denaro, oggi apparentemente indispensabile al soddisfacimento di ogni sua necessità.
“Il denaro - afferma - è ormai qualcosa di più di un semplice valore di scambio, è diventato un modo per definire il valore di ognuno. Vivo un’esistenza basata sulla fiducia, cercando di evitare l’odio e i cattivi sentimenti. Penso che un cambiamento in questo senso è molto più auspicabile del vivere senza soldi. In fin dei conti il denaro è solo un simbolo… Cerco solamente di occuparmi di cose che penso siano utili anche per altre persone. Ma non sogno che tutti facciano come me: ognuno deve trovare la propria strada. Mi interessa sviluppare progetti, dove il dare e il ricevere siano in equilibrio, in modo che tutti ne possano trarre vantaggio. Il mio obiettivo è che le persone non si sentano più vittime, ma vincitrici e che possano agire in maniera ottimista, determinata e soprattutto che acquistino fiducia in se stesse.”